Il problema dei falsi (positivi?)
L’avvento delle pandemie che negli ultimi anni si sono presentate in maniera arrogante ha posto il problema dell’affidabilità dei test farmacologici di controllo. Che significano i termini falsi positivi e falsi negativi? E quanto realmente valgono?
Per usare un linguaggio meno intriso di gergo tecnico (informatici e medici ne sono consapevoli sacerdoti detentori…), stiamo entrando nel campo dei test duali, cioè test per i quali sono previsti solo due risultati opposti che si escludono a vicenda: [(sì, no), (positivo, negativo), (vero, falso), (Napoli, Juventus…sto divagando…).
Un falso positivo si registra quando un valore che “dovrebbe” risultare negativo (no, falso, ecc.) risulta invece (parliamo di statistica, quindi di valori attesi) positivo (sì, vero, ecc.).
Un falso negativo, al contrario, si registra quando un valore che “dovrebbe” risultare positivo (sì, vero, ecc.) risulta invece negativo (no, falso, ecc.).
Questa situazione, diffusissima, e vedremo quanto, produce, soprattutto nel campo sanitario, allarmi o miscredenza ma, in ogni caso, ingenera forti dubbi che possono rallentare la tempestività di terapie o interventi dovuti ovvero convincere a sottoporsi a cure non necessarie.
Ma quanto vale la probabilità di falsi? In questo ci aiuta il teorema di Bayes (tranquilli, si trova in tutti i libri di statistica, ma non vogliamo trattarne il formalismo, bensì soltanto utilizzarlo per valutare la probabilità di ottenere falsi (positivi o negativi, il procedimento è lo stesso).
Thomas Bayes, ministro presbiteriano, enunciò un principio (o teorema) che, una volta che si conoscano la percentuale di diffusione di una certa malattia (passiamo direttamente al caso pratico, abbandonando i concetti ostici di spazio degli eventi, probabilità condizionata, ecc.) e l’efficacia media del test di controllo della presenza o assenza della stessa malattia in un qualsiasi individuo, permette di calcolare la probabilità che il test sia veritiero o restituisca valori falsi (così da mitigare il diffuso allarmismo o l’incoscienza della miscredenza!).
La formula è ostica per chi non è pratico di notazioni statistiche, quindi la saltiamo direttamente e utilizziamo un esempio. Abbiamo a che fare con una malattia ipotetica (che chiameremo Morbo) e con un test che sia caratterizzato da un’efficacia ipotetica (Efficacia).
Ipotizziamo, per analizzare la formula, che il Morbo sia presente nella percentuale di 5 contagiati su 1.000 (cioè 0,5%) e che l’Efficacia del test sia il 99%, cioè una persona sana ha una probabilità su 100 di risultare malata. (In seguito indagheremo la variabilità di questi valori per analizzare quanto essi incidano sulle percentuali di falsi).
La formula che utilizzeremo (ripeto, si trova in qualsiasi libro di statistica…), con questi valori, diventa:
Il significato della formula è:
Da cui ricaviamo che, nelle condizioni esaminate (5 malati su 1000 e test efficace al 99%), la probabilità che il test becchi un vero malato è di poco superiore al 33%!!!
Ma quali sono i valori che ci farebbero stare tranquilli?
Vediamo che otterremmo facendo variare l’efficacia del test.
Efficacia | Inefficacia | Probabilità |
95,7148% | 4,2852% | 10,0915% |
98,0290% | 1,9710% | 19,9951% |
98,8415% | 1,1585% | 30,0075% |
99,2510% | 0,7490% | 39,9703% |
99,4998% | 0,5002% | 49,9889% |
99,6659% | 0,3341% | 59,9853% |
99,7850% | 0,2150% | 69,9870% |
99,8743% | 0,1257% | 79,9768% |
99,9442% | 0,0558% | 89,9947% |
99,9737% | 0,0263% | 95,0291% |
99,9871% | 0,0129% | 97,5030% |
99,9996% | 0,0004% | 99,9196% |
Vediamo invece che otterremmo facendo variare la percentuale di malati.
Sani | Malati | Probabilità |
99,8878% | 0,1122% | 10,0029% |
99,7479% | 0,2521% | 20,0151% |
99,5686% | 0,4314% | 30,0170% |
99,3310% | 0,6690% | 40,0031% |
98,9981% | 1,0019% | 50,0482% |
98,5067% | 1,4933% | 60,0123% |
97,6996% | 2,3004% | 69,9789% |
96,1175% | 3,8825% | 79,9959% |
91,6739% | 8,3261% | 89,9914% |
84,1253% | 15,8747% | 94,9191% |
72,0603% | 27,9397% | 97,4610% |
14,9093% | 85,0907% | 99,8233% |
Questo significa che, per avere una buona certezza che il test non ci presenti falsi positivi, con relativi drammi, o si lavora con un test efficace a valori prossimi al 100% (saranno poi i soci di Big Pharma a valutare quanto costerebbe loro la ricerca di reagenti e protocolli affidabili o i laboratori di analisi l’utilizzo di reagenti freschi e ben conservati incontaminati…) oppure la presenza della malattia deve essere elevatissima (grazie, eh, lo immaginavamo anche noi…). La combinazione dei due fattori può essere significativa.
In definitiva, lungi da ritenere qualunque risultato di un test farmacologico di laboratorio poco affidabile (non è così…, credo…), una riflessione sul pericolo di avere un solo risultato potrebbe esporci a decidere sulla base dell’esito di una scommessa. E forse sarebbe meglio ricorrere alla strategia dei vecchi saggi, cioè affidarsi ad almeno 3 diversi esecutori di test e valutarne la convergenza dei risultati, altrimenti aumentare il panel dei laboratori da far intervenire. Per test su malattie minacciose, anche se i costi così cresceranno, forse ne dovrebbe valere la pena.
Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.